Palazzo Gambara: dei nobili al Municipio



L'esterno del palazzo
Fulcro dell’attività politica ed amministrativa del borgo di Verolanuova, il Palazzo Gambara, oggi sede del comune dal 1922, era la vecchia dimora della famiglia Gambara. Esso venne costruito a partire dal '500 per volontà dei due fratelli Gian Galeazzo e Brunoro.
Il complesso si sviluppa su tre piani esteticamente diversi, in quanto edificati in epoche storiche differenti.  L’elegante primo piano, considerato antica abitazione di Brunoro, è una porzione cinquecentesca abbellita da 10 raffinate colonne in marmo bianco di Botticino, che sorreggono delle arcate voltate ad arco a tutto sesto e una trabeazione decorata a stucchi. Il corpo centrale, riconducibile al ‘600, è un piano nobile che presenta una serie di colonne schiacciate.  Queste ultime, chiamate Lesene in quanto elementi decorativi e non portanti, si alternano ad ampie finestre sormontate da frontoni triangolari a linea spezzata.  Il piano superiore, piccolo in altezza, è del ‘700. Esso, tra una finestra e l’altra, mostra delle statue che raffigurano figure umane maschili e femminili che, in gergo tecnico, prendono rispettivamente il nome di cariatidi e telamoni.  Il progetto architettonico iniziale di questo importante sito fortificato, presentava l’entrata principale su quello che oggi è il giardino retrostante. La facciata dell’edificio è rivolta verso l’attuale piazza comunale; queste due aree sono separate da un fosso. 
Entrando nella struttura troviamo un ampio scalone dell’800, il quale conduce alle stanze del municipio: l’ufficio anagrafe, la segreteria, gli uffici urbanistici, l’ufficio del sindaco, la sala delle riunioni e la sala del consiglio comunale.  L’idea iniziale prevedeva la presenza di ben 27 colonne sempre in marmo bianco di Botticino, ma non venne portata a termine; l’intento dei due fratelli era infatti quello di costruire un palazzo alto e significativo, per dimostrare la loro autorità.

STEMMI
Emblemi della famiglia sono il gambero di fiume e l’aquila. Nella struttura vi sono due tipologie di aquila che differiscono anche per valore: l’aquila a una testa (detta monocipite) del cinquecento, consacrata per fedeltà al Sacro Romano Impero e l’aquila a due teste (detta bicipite),  riconducibile a due date: 1538 (quando l'imperatore Carlo V assegna loro un riconoscimento) e 1578 (quando i Gambara giurano fedeltà, servizio, attenzione alla Repubblica Veneziana).

GALLERIA
Al secondo piano, nella galleria cinquecentesca, sono affissi gli affreschi staccati per consentire  i lavori per l'ascensore. Essi sono riconducibili ad alcuni artisti della scuola del pittore parmense Trotti. Una delle caratteristiche fondamentali è che presentano delle abitazioni in stile nordeuropeo e navi simili a quelle vichinghe, questo perché i Gambara avevano la possibilità di contattare non solo artisti locali come il Tiepolo, ma anche stranieri.
Molto appariscente è il soffitto interamente in legno e decorato con motivi  geometrici.

LA BIBLIOTECA
Particolare di una delle
pareti affrescate della biblioteca
Labiblioteca è diversa per stile rispetto al fronte articolato del palazzo, a cui è antecedente; è stata eretta attorno al 1100/1200. Era abitata dai monaci benedettini, che da Leno arrivarono a Verolanuova (paese chiamato anticamente Virola Alghise, dal signor Alghisio, figura importante del borgo); Verolanuova era infatti un possedimento dei monaci della Villa Badia di Leno. Successivamente però i religiosi si trasferirono nella località del San Donnino, dove costruirono una chiesetta oggi parzialmente inglobata in un’abitazione privata.

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